Secondo l’IHME (Institute for Health Metrics and Evaluation) quello che si vede nel grafico è l’andamento dei morti per incidenti stradali in Italia in ventisette anni dal 1990 al 2017.
Come si vede, diminuiscono moltissimo i morti fra gli automobilisti e i passeggeri (che sono quasi dimezzati) mentre diminuiscono molto meno i morti fra ciclisti, pedoni e motociclisti.
Si possono fare queste considerazioni:
- Le morti fra automobilisti e passeggeri delle automobili diminuiscono principalmente per tre motivi: limiti di velocità più stringenti, maggiore attenzione anche culturale contro la guida in stato di ebbrezza e soprattutto più dispositivi di sicurezza a bordo delle automobili: l’uso delle cinture cresce negli anni diventando un’abitudine per il 90% degli automobilisti (anche se gli italiani continuano a usare poco le cinture quando viaggiano nei sedili posteriori), l’introduzione di massa dell’airbag, l’adozione sempre più diffusa di sistemi di frenata sicura e altri dispositivi. Ovvero: le auto sono diventate più sicure soprattutto dentro, per chi guida e per chi è trasportato. Più sicure in termini di morte, ma non in termini di ferite gravi: molti automobilisti sopravvivono grazie a cinture e airbag, ma con lesioni di varia gravità.
- I morti fra i motociclisti diminuiscono, ma non tantissimo: nonostante casco, protezioni per la schiena e tute in pelle (che però, a parte il casco, vengono indossate da una minoranza di motociclisti), la mortalità in moto resta alta, soprattutto per le alte velocità a cui viaggiano motociclisti e scuteristi (qualcuno contesterà che gli scooter non viaggiano molto veloci: dal punto di vista sportivo, certo; ma qualsiasi velocità sopra i 30 km/h diventa pericolosa sulle due ruote, compresa la bicicletta).
- I morti fra i ciclisti diminuiscono, ma anche essi non tantissimo: molti ciclisti investiti sono anziani (circa la metà dei ciclisti uccisi hanno più di 65 anni) e probabilmente in caso di investimento e caduta sono penalizzati dalla maggiore fragilità rispetto a persone più giovani.
- Diminuiscono poco anche i pedoni. Questi non possono essere accusati di andare troppo veloci e spesso vengono uccisi proprio sulle strisce bianche. Anche i pedoni uccisi, come i ciclisti, sono spesso penalizzati dall’età: in Italia circa metà dei pedoni uccisi hanno più di 65 anni. Inoltre la grandissima parte dei pedoni uccisi vengono investiti in area urbana, dove le velocità sono quasi sempre limitate a 50 km/h o meno. Le numerose morti dei pedoni dimostrano che il limite di 50 km/h è troppo alto per la sicurezza urbana e infatti in tutta Europa tendono ad abbassarlo. Città per città in Francia, Germania e altri paesi, a livello nazionale in Spagna.
Va aggiunto che molti incidenti auto-pedone vengono evitati anche perché ai pedoni viene di fatto vietato l’accesso a gran parte dello spazio pubblico urbano, soprattutto i bambini (per divieto da parte dei genitori) e gli anziani: i bambini in Italia oggi raramente possono camminare da soli nel quartiere in cui abitano e non esiste più l’abitudine di giocare per strada, comunissima fino agli anni ’70, mentre gli anziani spesso evitano di farlo o riducono i loro movimenti in ambito urbano proprio per paura degli incidenti.
È evidente quindi che la realizzazione di buoni marciapiedi, passaggi pedonali protetti, piste ciclabili e buone zone 30 e zone 20 in ambito urbano sono essenziali e urgenti per diminuire gli incidenti a carico dei ciclisti e dei pedoni, perché i dispositivi di sicurezza delle automobili non sono sufficienti quando l’automobilista guida distratto o troppo velocemente (e per troppo velocemente si intende a qualsiasi velocità sopra i 30 km/h su strade urbane frequentate da ciclisti o pedoni).